Guaio di notte per Adotta uno scrittore

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Patrizia Rinaldi è stata tra le autrici adottate dal Salone del libro di Torino 2023 per il prestigioso progetto “Adotta uno scrittore”. Tra le poche scrittrice scelte nel Sud Italia, i suoi incontri su “Guaio di notte” sono stati organizzati nel carcere femminile di Pozzuoli e Casoria.
Il 22 maggio, durante il Salone, si è tenuta la cerimonia conclusiva del progetto, alla presenza di tutti gli autori coinvolti, per presentare insieme il lavoro e il percorso condotto nelle diverse realtà.

Qui, nella rubrica di Repubblica Napoli “La versione di Blanca” (ogni venerdì sul quotidiano in edicola), un approfondimento sull’iniziativa e sul significato degli incontri in carcere.

“Adotta uno scrittore” è il progetto del Salone del Libro di Torino che da più di vent’anni fa incontrare studenti e studentesse con le autrici e gli autori contemporanei. Dalle scuole primarie alle secondarie, alle strutture detentive, alle università.
Per l’anno scolastico 2022/2023 coinvolge 38 autori e autrici e sarà attivo in Piemonte (26 autori); Liguria (4 autori); Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia (8 autori).
In Campania partecipano al progetto il Liceo Scientifico “Leonardo Da Vinci – Salerno (SA) e la Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli e CPIA Casoria, Napoli.
Solo sei istituti sono stati scelti per una documentazione filmica del progetto (regia di Fabio Ferrero e consulenza di Raffaele Riba). I video saranno trasmessi al Salone del Libro, il 22 maggio. La Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli è tra i sei istituti scelti.
L’edificio, costruito nel 1472, è stato un convento fondato dai frati minori, poi destinato nel Novecento a sede di manicomio criminale femminile; ora ospita un’alta percentuale di straniere in 22 camere detentive distribuite su 3 piani.
“Qui insegno un po’ di tutto. Perché se all’inizio abbiamo cominciato ad insegnare le diverse discipline separatamente, poi ci siamo accorti che era necessario collegarle tra di loro”, spiega Fausta Minale, insegnante dal 1993 a Pozzuoli.
Più che sulle autrici e sugli autori coinvolti nel progetto, forse è il caso di spostare l’attenzione su chi da anni e anni, come la professoressa Minale, lavora per offrire alle detenute nuovi sguardi, possibilità conoscitive insperate nei giorni cosiddetti liberi, che quasi sempre liberi non sono stati per i più svariati motivi, dal privato al sociale.
Il gruppo insegnanti è coeso e di alte competenze: le docenti Apa, Lucignano, Schiavone, Cicala, D’Emilio e Caccavale, insieme alla direttrice Palma e all’educatrice Intilla, collaborano nell’arduo compito di aiutare la parte integra e sana di ogni detenuta affinché resti tale.
Le responsabilità individuali di ogni gesto illecito, dai minori ai più gravi, non sono messe in discussione né mai impoverite di senso e di seria riflessione, ma la Costituzione parla chiaro: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (3° comma dell’articolo 27).
Se il condannato è una condannata le cose si complicano: la proporzione di donne detenute sul totale è bassa. Fino al 2021 i maggiorenni incarcerati in Italia sono quasi cinquantamila, di cui solo il 4,1% donne. Quindi l’attenzione necessaria scema inevitabilmente.
In tale quadro della situazione, le iniziative di interazione culturale, promosse dalla Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli, diventano azione e simbolo forte. Come è successo, a opera della professoressa Maria Franco, e succede per l’Istituto Penale Minorile di Nisida, questi luoghi diventano presidi dell’umano sentire, di un impegno che non considera solo scarti le parti devianti del corpo sociale.
Mai come in questo periodo storico le parole di Voltaire andrebbero scolpite nei cuori e nelle teste di tutti: “la civiltà di un Paese è data dalle condizioni delle sue carceri”.
Noi a Pozzuoli, nonostante le costanti del sovraffollamento e dei fondi sempre insufficienti, abbiamo un esempio da seguire. E dobbiamo ringraziare chi lavora ogni giorno fianco a fianco con le ospiti della Casa Circondariale, senza lasciarsi contaminare.